Published On: Gennaio 30th, 20246,5 min read653 wordsViews: 324Tags: ,
Published On: Gennaio 30th, 20246,5 min read653 wordsViews: 324Tags: ,

Si riporta di seguito un articolo apparso su Il Piccolo a cura di Riccardo La Grotta.

***

Weekend di iniziative,
con un centinaio di ragazzi coinvolti
tra spettacolo, giochi e pasti condivisi:
“Qui è come una seconda casa,
veniamo accolti”.

“La Don Bosco non è solo una struttura”.

Questo è l’esordio di don Mauro Mergola, per raccontare quest’ultimo fine settimana di festa.

“Qui è evidente quale sia l’anima del luogo: il nostro brand è un Santo. Questi giorni sono stati un’occasione per ricordarcelo”.

Domani, mercoledì 31 gennaio, sarà la ricorrenza di San Giovanni Bosco. E questo weekend è stato l’occasione per festeggiarlo, nel luogo ad Alessandria dove più la sua influenza è sentita. Una “festa”, considerato l’ambito dal forte carattere formativo: ma non solo.

Spiega don Mauro:

“Le persone sono un insieme di relazioni: la dimensione individuale e quella collettiva, quella ludica e quella spirituale. Qui cerchiamo di coltivarle tutte”.

L’arte della condivisione

E si è visto – oltre che dall’impegno quotidiano della realtà, dal modo in cui sono svolti i festeggiamenti.

Sabato sera si è tenuto uno “spettacolo di arte varia“: protagonisti i cori riuniti delle tre unità parrocchiali del quartiere Cristo.

I temi? Il cammino svolto insieme, la condivisione delle risorse per costruire qualcosa di comune.

“Esecuzione ben riuscita – commenta don Mauro – e 150 persone nel pubblico. Tutti entusiasti, in molti alla fine ci hanno chiesto quando ci saranno altre iniziative di questo genere. Ma la cosa importante è il messaggio trasmesso: l’aver sottolineato l’importanza del dono di don Bosco“.

È un dono che si vede?

“Qui le porte sono sempre aperte, e dietro a queste porte aperte ci siamo noi educatori – risponde. Il nostro obiettivo è quello di formare “Buoni Cristiani e onesti cittadini“, come diceva don Bosco”.

Attenzione per ognuno

Ma non ci sono solo Cristiani in oratorio…

“È vero: infatti abbiamo allargato il motto, trasformandolo in “fedeli a Dio e dalla coscienza retta“. Perché qui ci sono Musulmani, Cattolici non praticanti, Ortodossi e pue atei. Noi cerchiamo di educare tutti a riconoscere il buono, il vero, il bello. E questo è universale”.

Qual è il segreto dell’inclusione?

“Per noi, l’attenzione alla persona: cerchiamo di stabilire un rapporto che la faccia sentire rispettata e accolta senza distinzione. Perché, sempre citando don Bosco, ‘Un ragazzo cresce quando capisce di essere amato’ “.

Forse è proprio questo clima di apertura ed inclusione che ha portato un centinaio di ragazzi a festeggiare insieme domenica.

Messa molto partecipata, con l’Ispettore dei Salesiani del Piemonte e della Valle d’Aosta don Leonardo Mancini.

Poi pranzo condiviso con pasta regalata dall’oratorio, balli di gruppo e giochi collettivi; merenda alla fine.

Porte aperte ogni giorno

Affluenza motivata:

“Col tempo gli adolescenti non vengono più qui solo per un servizio, ma perché si è creata una relazione. Che alla fine è quello che rimane”.

I ragazzi confermano:

“Faccio l’animatrice e ormai frequento questo posto da anni – commenta Sara Sghaier – Ci sono momenti seri e di divertimento, momenti di festa e momenti di impegno. Appuntamento fisso d’estate con i centri estivi, ma anche in inverno ogni volta che c’è una festa. Il clima è tranquillo, e soprattutto l’approccio educativo è davvero aperto a tutti”.

Simone Nizza è d’accordo: anche lui è animatore, ha conosciuto la realtà dell’oratorio per il PCTO ma poi si è fermato:

“Nonostante abiti dall’altra parte della città vengo qui spesso”.

E spesso cosa vuol dire?

“Quasi tutti i giorni”.

È questa la risposta che darebbe la maggior parte dei ragazzi che frequenta l’oratorio. E che tanti adolescenti, dalle elementari al liceo, hanno ripetuto.

Tra questi, c’è proprio chi sostiene che l’oratorio sia

Come una seconda casa, perché come entri, vieni accolto”.

Infatti, come osserva don Mauro:

“Questo è un posto che cerca di entrare nella vita delle persone, secondo le esigenze di ciascuno. Così dal servizio si passa alla condivisione di una mentalità, di uno stile di vita. Perché i ragazzi riconoscono che questa realtà è alternativa rispetto a ciò che c’è fuori. Qui sei voluto bene perché sei tu, non perché sei un follower, cliente o consumatore”.