Si riporta di seguito l’intervista a don Mauro Mergola apparsa su La Voce – Uniti nel Dono.
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Don Mauro Mergola, salesiano, ci racconta il suo impegno accanto alle nuove generazioni, dal Centro Don Bosco di Alessandria a una nuova responsabilità: la Pastorale Giovanile Diocesana
Don Mauro Mergola, classe 1967, è all’inizio del suo terzo anno ad Alessandria come sacerdote della parrocchia di San Giuseppe Artigiano, che si trova all’interno del Centro Don Bosco. Non solo: dai primi di settembre, don Mauro è il nuovo responsabile della pastorale giovanile della nostra diocesi:
«Mi sembra un bel segno di comunione tra un carisma, quello salesiano, e la Chiesa locale» spiega don Mauro. «Direi che è una bella ricchezza in cui ciascuno porta in dono quello che alla Chiesa può essere utile per crescere, anche in un contesto di sinodalità. Il resto è tutto da costruire insieme» spiega il sacerdote salesiano.
Don Mauro, facciamo un passo alla volta. Partiamo dal Centro Don Bosco.
«È una realtà unica da un punto di vista pastorale, composta da tre enti giuridici diversi. Il primo è la parrocchia San Giuseppe Artigiano, che ha come missione principale l’evangelizzazione. Il secondo ente è il CNOS-FAP, centro di formazione professionale di ispirazione salesiana accreditato della regione Piemonte. È un’associazione autonoma che ha l’obiettivo di accompagnare giovani e adulti nel mondo del lavoro all’interno di un percorso educativo e formativo cristianamente orientato.
Chiunque può frequentare, di qualunque fede sia. Noi crediamo che l’educazione, la formazione e il lavoro siano già principio di evangelizzazione, magari non sempre esplicita ma certamente implicita. Sta a noi aiutare, con la presenza, la testimonianza e la parola, chi frequenta questi corsi ad accorgersi che la motivazione per cui tutto questo esiste è Gesù Cristo, morto e risorto».
Il terzo ente?
«È l’Asd Don Bosco, l’associazione sportiva in cui noi salesiani siamo presenti. Lo scopo è promuovere l’annuncio del Vangelo attraverso l’esperienza sportiva, organizzata e strutturata in più discipline: calcio, pattinaggio, ginnastica artistica, e “flag football”, sport di origine statunitense simile al football americano. Quest’anno abbiamo anche avviato una collaborazione con il Cuspo, il Centro universitario sportivo del Piemonte orientale, per il basket. Ecco, sono questi i tre grandi ambiti all’interno del Centro Don Bosco, insieme con l’oratorio».
Parliamo dell’oratorio, allora.
«È una porta aperta, un cortile accogliente, una scuola che ti prepara ad affrontare la vita, una chiesa che evangelizza. Tutti i giorni, tutto l’anno, noi salesiani accogliamo i ragazzi e cerchiamo di creare una comunità di persone che condividano con noi questa passione, questa missione, questa presenza».
Adesso il Vescovo ti ha chiesto di “uscire” e di portare in tutta la Diocesi un metodo, una strada, un’umanità, uno sguardo verso i giovani che nasce da Don Bosco. Come ti senti?
«Mi spavento all’idea di quello che andrebbe fatto (sorride). Intanto posso dire che come salesiano non porto soltanto me stesso, ma anche la comunità di cui faccio parte e il carisma in cui sono inserito. E poi credo che, prima di pensare a delle iniziative, sia importante avviare dei processi, come ci esorta a fare papa Francesco. Per questo la prima iniziativa che ho proposto, d’accordo con Carlotta Testa, che si occupa da tempo della pastorale giovanile, è stato un incontro con i sacerdoti. Non voglio partire da solo, ma desidero essere espressione di condivisione, di comunione con il collegio presbiterale presente qui ad Alessandria».
A questo incontro seguirà un altro appuntamento nella nostra diocesi.
«Abbiamo convocato per il 17 ottobre al Centro Don Bosco, dalle 19 alle 21.30, la nascente consulta diocesana di pastorale giovanile. Abbiamo invitato tutte quelle realtà rappresentative della presenza della Chiesa, nelle sue molteplici modalità, a contatto con il mondo dei giovani, insieme con i moderatori delle unità pastorali e i responsabili degli uffici diocesani che hanno a che fare con i ragazzi. Ho chiesto che ci fosse anche la pastorale della comunicazione sociale, non vista soltanto come “strumento finale” per diffondere un evento, ma nella logica della riflessione pastorale: con i giovani la comunicazione è un elemento qualificante».
La Chiesa fa molta fatica a intercettare i giovani. Perché? È Gesù Cristo che non interessa più, oppure siamo noi a essere un po’ “sbiaditi”?
«Io penso che alla luce di questa consulta ci accorgeremo che di giovani ne incontriamo tanti, di tutti i tipi. In più, direi che, più che Gesù Cristo, è l’istituzione Chiesa che a volte fa problema ai ragazzi. Ma noi desideriamo mostrare una Chiesa che si fa attenta a loro: il prete in oratorio che aiuta le famiglie in difficoltà, il parroco che organizza il centro estivo… io penso che tanti giovani siano riconoscenti, anche se non lo dicono. Noi desideriamo intercettarli. E accompagnarli».